Approfondimento

25/5/23

Accesso agli atti di videosorveglianza pubblica da parte del privato.

Il recente intervento del Tar della Campania (sent. 2608/2023 del 2.5.2023), sancisce il diritto di accesso del privato alle risultanze della videosorveglianza, onde consentirgli la “raccolta” di elementi necessari alla prova dei fatti strumentali alla tutela dei propri diritti.

Nel caso esaminato dal Tar, Tizia proprietaria di autovettura parcheggiata sulle “strisce blu” ne subiva il danneggiamento a causa di urto da altro automobilista rimasto ignoto. Verificata la presenza in zona di videosorveglianza comunale, instava il Comando dei Vigili per avere copia dei filmati relativi al periodo intercorrente tra parcheggio ed accertato danneggiamento. Il Comando comunicava l’esistenza delle immagini e le “congelava” in attesa che l’Autorità Giudiziaria ne richiedesse l’esibizione. Ritenuta tale risposta sostanziale diniego a visionare le immagini, Tizia invocando il diritto (non “mediato” attraverso l’Autorità Giudiziaria) di visionare le immagini per identificare il responsabile del sinistro, proponeva ricorso al TAR per ottenere condanna dell’Ente alla consegna dei filmati richiesti.

Sostiene Tizia che il diniego alla visione delle immagini determinerebbe l’impossibilità di tutelare i propri diritti posto che:

- l’esame delle immagini è indispensabile per individuare quantomeno il numero di targa del veicolo danneggiante e quindi promuovere azione nei confronti del proprietario;

- la condizione posta dall’Ente di preventiva richiesta da parte dell’Autorità Giudiziaria sarebbe irrealizzabile, atteso che senza la visione dei filmati non è possibile agire innanzi al giudice civile per ottenere il risarcimento dei danni procurati da ignoti, non potendo nella specie nemmeno avanzare domanda nei confronti del Fondo Garanzia Vittime della Strada che interviene per A) per i danni a persone derivanti da sinistri causati da veicoli non identificati; B) per danni a persona e cose da sinistri causati da veicoli (identificati ma) non assicurati o in circolazione contro la volontà del proprietario.

Dal canto suo il Comune a sostegno della reiezione del ricorso ha sostenuto che:

- l’acquisizione delle immagini per verificare chi abbia danneggiato un’autovettura privata non rientra tra le finalità previste per l’accesso alle risultanze di un impianto di videosorveglianza comunale;

- l’interesse della ricorrente non è di “rango” sufficiente per visionare immagini che potenzialmente possono incidere sulla vita privata di altri cittadini;

- consentire la visione per tali fattispecie esporrebbe la Polizia Municipale ad una moltitudine di istanze;

- la richiesta avrebbe oggetto un numero di ore elevato e non un evento specifico ulteriormente ledendo il diritto alla privacy;

- l’accesso agli atti non potrebbe comunque essere esercitato per le immagini di videosorveglianza, in quanto non si tratterebbe di consentire la visione di un documento già esistente ma sarebbe richiesta la formazione di un documento nuovo contenente le immagini;

- il congelamento e la subordinazione della visione alla richiesta dell’Autorità Giudiziaria sarebbe legittimo ed in conformità a regolamento comunale e direttive del Garante della privacy e quindi, in assenza di una fattispecie di reato, non sarebbe giustificabile l’attivazione di uno strumento che avrebbe invece finalità di tutela di interessi di maggiore rilevanza.

Il Tribunale rammenta anzitutto che il giudizio in materia di accesso agli atti ha ad oggetto l'accertamento della sussistenza del diritto all'accesso e non la verifica dell’illegittimità dell’atto di diniego e pertanto è legittima la condotta della P.A. di avanzare, per la prima volta, difese nuove e diverse rispetto a quelle opposte al rigetto dell’istanza del privato.

Passando al merito della pronuncia, il Tribunale rigetta tutte le difese della P.A. ed afferma la sussistenza del diritto di accesso di Tizia.

Dichiara infondata la difesa del Comune che lamentava la necessità di procedere alla produzione di un documento “nuovo” onde consentire la visione delle immagini, rilevando che le immagini registrate e conservate in sistemi di videosorveglianza urbana rientrano nella nozione di documento amministrativo ai fini del diritto di accesso, trattandosi di immagini già esistenti, registrate dal Comune nell’esercizio di una attività di pubblico interesse e ancora in possesso dello stesso, (come peraltro nella specie confermato dal medesimo ente laddove riferisce che le immagini sono “congelate” in attesa dell’Autorità Giudiziaria) e pertanto ben possono essere oggetto di accesso da parte del privato non implicando alcuna attività di “nuova formazione” di documento bensì presupponendo un accesso ad atti già esistenti.

Medesima reiezione ha trovato la tesi, della P.A., per cui sarebbe contrario alle finalità della disciplina di videosorveglianza comunale consentire al privato la consultazione delle immagini per tutelare un proprio diritto particolare (qui diritto all’integrità patrimoniale), in quanto è proprio l’art. 5 del regolamento comunale a specificare che finalità della videosorveglianza è <<vigilare sull’integrità, sulla conservazione e sulla tutela del patrimonio pubblico e privato, agevolando l’intervento della Polizia Municipale e delle Forze dell’Ordine e prevenendo eventuali atti di vandalismo o danneggiamento>> e di <<utilizzare, per quanto possibile, le immagini registrate nella ricostruzione delle dinamiche degli incidenti stradali>>, con ciò pienamente rientrando anche la verifica della dinamica del sinistro che ha coinvolto la vettura privata parcheggiata in strada pubblica.

Il Tribunale inoltre evidenzia che l’art. 24 comma 7 della L. 241/1990 ha introdotto il cosiddetto “accesso difensivo” per il quale <<Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini  previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.  196,  in caso di dati  idonei  a  rivelare  lo  stato  di  salute  e  la  vita sessuale>>.

Viene quindi evidenziata la “copertura legislativa” (quindi non derogabile da regolamento comunale) del diritto del privato a visionare gli atti della P.A. (anche al di fuori del “contezioso giudiziale”) per la tutela di un proprio diritto, fatta salva comunque la necessità per l’Ente di:

A) valutare la necessarietà del documento che dovrà essere strumentale alla prova, per il privato, dei fatti (principali o secondari) connessi alla tutela del suo diritto, restando al di fuori delle competenze della P.A./Giudice amministrativo il decidere circa l’ammissibilità (nella futura sede processuale) e/o decisività per la tutela del diritto del privato;

B) valutare se dalle immagini ergono dati personali riguardanti: dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona, nel quale caso il trattamento (qui la visione delle immagini) è consentito solo se il diritto del privato da tutelare mediante l’accesso alle immagini è di pari rango a quello la cui riservatezza si andrebbe a “violare” (e quindi, nella specie, dovrebbe essere respinto in quanto il diritto “patrimoniale” soccombe rispetto a quelli sopra riportati).

In ogni caso osserva il Tribunale che l’accesso deve essere consentito applicando i principi di proporzionalità e minimizzazione, limitando la visione alle sole immagini da cui si evince la dinamica del sinistro (o dell’altro fatto necessario alla prova del diritto del privato), oscurando le parti di immagine che ritraggono persone e che contengono ulteriori dati afferenti soggetti terzi rispetto alla vicenda.

Da ultimo è stata ritenuta del tutto strumentale la difesa sul “pregiudizio organizzativo” che subirebbe l’ente (nella specie attraverso l’aggravio di attività sul Comando dei Vigili) tenuto conto che è pacifico principio giurisprudenziale che le difficoltà organizzative non possono di per sé valere ad escludere il diritto di accesso.

In conclusione deve oggi ritenersi sussistere il diritto del privato a prendere visione (mediante accesso agli atti) delle immagini raccolte dalla Pubblica Amministrazione attraverso le telecamere di videosorveglianza, fermi i limiti inerenti la strumentalità dell’acquisizione rispetto al diritto di cui si necessita tutela; la salvaguardia della privacy dei terzi estranei alla vicenda; la rispondenza tra la finalità per cui l’immagine è acquisita dalla P.A. con il diritto che il privato intende tutelare.


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