Approfondimento

1/4/21

Guida in stato di ebbrezza e avviso accertamento atti irripetibili: contrasto giurisprudenziale irrisolto

L’argomento in questione riguarda l’avvertimento ex art. 356 c.p.p. e 114 disp. att. c.p.p. che deve essere fornito al soggetto sottoposto ad esame ematico per l’accertamento dell’(eventuale) stato di ebbrezza alcolica nell’ambito dei controlli effettuati dalle forze dell’ordine.

In relazione a ciò, l’ordinanza in commento, “prende atto sussiste un orientamento giurisprudenziale, secondo il quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, la prova dell’avvenuto adempimento dell’obbligo di avvisare la persona sottoposta ad alcolemico della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia, ove non risultante da verbale, possa essere data mediante la deposizione dell’agente operante (Sez.4 n. 3725 del 10/09/2019). Tale pronuncia richiama Sez. 4, n. 7677 del 06/02/2019 ove si afferma che la prova dell’avvenuto adempimento in parola può essere data, oltre che mediante deposizione testimoniale, anche tramite la comunicazione di notizia di reato o l’annotazione redatta dai verbalizzanti”.

Premesso ciò la Corte ha statuito che “questo Collegio intende discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale (sopra riportato, n.d.r.), che si è uniformato a quanto espresso nella sentenza “Stasi”.

La motivazione su cui riposa l’ordinanza in commento è riferita al fatto che “l’avviso in parola, quale momento indefettibile del procedimento, pur se ad esecuzione a forma libera, necessita di essere documentato nel verbale, come prova del rispetto della modalità di legge….deve escludersi, semplicemente alla luce del disposto normativo, che il compimento dell’atto di garanzia, dal quale dipende la validità del procedimento di acquisizione della prova, possa essere documentato successivamente –anche a distanza di molto tempo mediante dichiarazione testimoniale dell’operante che ha trascurato la formalizzazione dell’atto nel documento destinato ad attestare con valore fidefacente l’intera attività svolta, omissione non certo giustificabile invocando una “mera dimenticanza” (così l’espressione utilizzata nella sentenza di questa sezione n. 7677/2019. Né per gli stessi motivi, può ritenersi che detta “dimenticanza” possa essere recuperata dall’attestazione postuma dell’avvenuto adempimento contenuta nella comunicazione della notizia di reato” .

Secondo l’ordinanza, che va in contrasto con altre precedenti decisioni anche della medesima sezione, è necessario conformarsi al principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite nella sentenza “Torcasio” del 29 maggio 2003 e quindi “non può essere sostituito con una deposizione ciò che non risulta dal verbale, così come non può essere utilizzata una dichiarazione orale per recuperare atti che non sono stati formalizzati ma dovevano esserlo”.

La Corte, quindi, esclude che ci possa essere una formazione progressiva della prova relativamente a quanto previsto per l’esecuzione di atti irripetibili.

Sulla base di ciò, ritenendo sussistere contrasto con precedenti decisioni, l’ordinanza in commento, ai sensi dell’art. 618, comma 1, C.p.p.  ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite sulla seguente questione di diritto “se la prova dell’intervenuto avviso previsto dall’art. 114 disp. Att. c.p.p. possa essere acquisita in dibattimento attraverso la deposizione del verbalizzante, in assenza di riscontro scritto”.

Con provvedimento del 14 dicembre 2020 il Presidente aggiunto, però, ha restituito gli atti alla sezione ai sensi dell’art. 172 Disp. Att. Cod. Proc. Pen., ragion per cui non ci sarà (per ora) pronuncia sul punto da parte del Maggior Collegio.

Poiché, però, “il provvedimento con il quale il Primo presidente della Corte di cassazione restituisce alla sezione di provenienza, ai sensi dell’art. 172 disp. att. c.p.p., il ricorso rimesso alle Sezioni unite è atto di produzione interna con funzione ricognitiva e di indirizzo, privo di efficacia vincolante in quanto non destinato ad affermare un principio di diritto” (così, Cass. Pen., Sez. II, sentenza n. 33483/2019), si ritiene che la decisione possa essere successivamente pronunciata, magari in occasione di altra remissione a seguito di pronuncia a favore di un orientamento, piuttosto che dell’altro.

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