Approfondimento

14/6/23

Messa alla prova applicabile all’ente ex D. Lgs 231/2001: le Sezioni Unite dicono no!

Con articolo pubblicato in data 8 febbraio 2021 venivano commentate alcune decisioni di merito che ammettevano la possibilità per l’ente di definire il giudizio ex D. Lgs. 231/2001 con la “messa alla prova”.

Poiché il medesimo articolo dava contezza (anche) di altre decisioni di merito che, invece, ritenevano non ammissibile l’assunto, si concludeva nel senso di attendere una pronuncia della Suprema Corte che “potesse dare (o meno)adesione a tale decisione sicuramente innovativa”.

Si è dovuto aspettare un po’ di tempo, ma con la sentenza 6 aprile 2023 (ud. 27 ottobre 2022),n. 14840 Presidente Cassano, Relatore Pezzullo, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito il principio secondo cui “l’istituto dell’ammissione alla prova (art. 168-bis c.p.) non trova applicazione con riferimento agli enti di cui al d. lgs. n. 231 del 2001.”

La decisione in commento, per la verità, ha riguardato anche altro quesito, ma per quanto qui interessa ci soffermeremo unicamente su questo aspetto.

Le Sezioni Unite, quindi, hanno ritenuto non applicabile la probation agli Enti, sostenendo che “le ragioni ostative all'applicazione estensiva dell'istituto di cui all'art. 168- bis cod. pen. agli enti risultano enunciate nelle ordinanze negative con argomentazioni diversificate. In particolare, è stato messo in risalto come la sospensione del procedimento con messa alla prova si manifesti, dal punto di vista afflittivo, attraverso lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, rientrante a pieno titolo nella categoria delle sanzioni penali, ma, in assenza - de jure condito- di una normativa di raccordo che renda applicabile la disciplina di cui all'art.168-bis cod. pen. alla categoria degli enti, deriva che l'istituto in esame, in ossequio al principio della riserva di legge, non risulta applicabile ai casi non espressamente previsti e, quindi, alle società in relazione alla responsabilità amministrativa ex d.lgs. n. 231 del 2001 (Trib. Milano,27/3/2017)”.

In buona sostanza la Corte, ribadendo l’orientamento consolidato in precedenti pronunce (ex multis, Cass., Sez. un., 18 settembre 2014, n. 38343, c.d. sentenza ThyssenKrupp) e ritenendo la responsabilità ex D. Lgs231/2001 appartenente ad un terzium genus rispetto a quella penale di cui risponde l’indagato/imputato persona fisica, ha concluso nel senso che non appare possibile giustificare l’applicazione delle norme sulla “messa alla prova”, neppure applicando un’analogia in bonam partem, “poiché la lacuna normativa conseguente al mancato coordinamento della disciplina sostanziale della messa alla prova con il d.lgs. n. 231 del 2001 appare essere in realtà intenzionale. Rispecchia la precisa scelta del legislatore di escludere l'ente dall'ambito soggettivo di applicazione dell'istituto.

Sulla base di queste argomentazioni le Sezioni Unite hanno concluso nel senso che “se la responsabilità amministrativa dell'ente deve ritenersi concettualmente inquadrabile in un tertium genus, alla stregua dei principi condivisibilmente sanciti dalla sentenza Espenhahn, la messa alla prova ex art. 168-bis cod. pen. deve, invece, inquadrarsi nell'ambito di un "trattamento sanzionatorio" penale””.

Le Sezioni Unite, quindi, hanno ritenuto non ammissibile “la messa alla prova” agli Enti coinvolti in procedimenti penale per l’accertamento della responsabilità ex D. Lgs 231/2001.  

 

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